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venerdì, Gennaio 24, 2025
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Delio Rossi chiede scusa: per giudicare una persona bisogna camminare nei suoi mocassini

Firenze- La notizia è trapelata dopo la conferenza stampa di Delio Rossi e se dovesse essere confermata, la sola esclusione dalla rosa per il serbo Ljajic sarebbe un gran regalo.

Spero sia una bufala, una di quelle cattiverie che alimentano solo il chiacchiericcio nel grande circo del calcio, ogni giorno sempre più malato. Sarà un caso ma, da un po’ di tempo a questa parte,  non passa una giornata di campionato senza che avvenga un qualcosa di estremo da commentare. Come la rissa in panchina

La versione ufficiale che ha scatenato la rissa in panchina, sostiene che il serbo abbia detto al tecnico, dopo aver applaudito alla sua decisione di sostituirlo, “Magari andiamo in Serie B e ti cacciano!”. Può essere vera ma resto poco convinto che una frase così banale possa aver scatenato in Delio Rossi una reazione così furibonda. Come può essere vera, l’altra versione che circola su alcuni siti viola, che non è stata confermata da nessuno ma che meglio dell’altra, però, spiegherebbe la furia del tecnico nei confronti del giovane calciatore. Sui siti viola sta circolando una nuova versione della frase che Ljajic, dopo gli applausi e mentre stava prendendo posto in panchina, avrebbe detto al Mister: “Sei più handicappato di tuo figlio”. E’ una voce, lo ripeto ancora una volta, alla quale stento a credere fino a quando non verrà confermata ma che riporto, solo e soltanto, per dovere di informazione visto che oggi Delio Rossi ha tirato in ballo proprio la sua famiglia quando ha chiesto scusa a tutti.

Sono venuto – ha detto l’ex tecnico viola che, nonostante l’esonero, si è presentato in sala stampa con la divisa sociale – per salutare la città visto che l’avventura con la Fiorentina è finita. Chiedo scusa alla città, alla società, ai tifosi, a Ljajic… Non capisco però tutto questo moralismo e perbenismo senza aver vissuto la situazione e senza conoscere la storia di un uomo. Io ho allenato bambini, squadre di operai, fatto la serie C, arrivato in serie A perché conquistato delle promozioni. Mai permesso di dare un giudizio lesivo nei confronti di nessuno. Qualcuno ha detto che potevo farlo nello spogliatoio, ma un gesto è grave in campo e grave anche in uno spogliatoio. Non accetto però che si manchi di rispetto alla persona, al mio lavoro, alla squadra e alla mia famiglia. Cito un proverbio indiano: per giudicare una persona bisogna camminare nei suoi mocassini. Mai detto di essere Padre Pio. Il mio è stato un gesto deprecabile ma anche umanamente giustificabile”.

Si chiude così una vicenda che, ancora una volta, ha diviso l’Italia calcistica. Prima di chiudere, consentite anche a me di prendere posizione; senza pensarci su due volte, mi schiero con l’allenatore, mosso dal fatto, forse, che in questa fase della mia vita, il mio amore e la mia stima verso i calciatori rasenta lo zero a differenza della “maglia” che indossano alla quale, parlo dei colori che amo da sempre, mi sento sempre più legato.

Il mondo del calcio; sempre più miliardario e sempre più schiavo di tanti “Ljajic”, ragazzini supertatuati quanto superpagati, che per lo stress che caratterizza il proprio “lavoro” possono permettersi di contestare una sostituzione, sputare in faccia ai loro avversari, provocare, scommettere sulle proprie partite che loro stessi giocano, scendere a patti con la malavita che muove gli ultrà.  Un calcio che dipende solo dai loro capricci continui e cronici.

 

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