ROMA – Fischi, urla e lacrime hanno accolto la sentenza che, in un’aula del carcere di Rebibbia, ha chiuso il processo per la morte di Stefano Cucchi, geometra morto di fame e di sete a 31 anni presso l’ospedale “Sandro pertini” di Roma, sei giorni dopo l’arresto per droga.
Sette ore di camera di consiglio hanno portato i giudici ad assolvere agenti penitenziari ed infermieri, che per i familiari del ragazzo sono i veri responsabili della sua morte, e a condannare soltanto i medici. Ad una pena (due anni), tra l’altro, di molto inferiore rispetto a quella richiesta dall’accusa, sei anni. “Questa non è giustizia! Assassini!”, hanno imprecato i presento contro la corte e contro gli assolti. La sorella Ilaria, accolta prima dell’ultima udienza da uno striscione di solidarietà e vicinanza, è scoppiata in lacrime ma ha promesso: “Io non mi arrendo”.
“Stefano non sarebbe morto senza quel pestaggio”, ha accusato. “Il perdono non lo avranno mai, perché noi gli eravamo vicini anche in quei momenti nei quali lui era dentro al problema della droga”.