All’Onu, poche settimane fa, è stata presentata la cosiddetta “lista della vergogna”: è l’elenco dei paesi in cui i bambini sono vittime della guerra. Non solo vittime, ma spesso strumento di guerra: in Afghanistan gli estremisti islamici prendono come bersaglio le scuole, la porta di accesso alla libertà per le nuove generazioni, tenendoli così sotto lo schiaffo dell’ignoranza e del fanatismo. Oppure in Mali, durante il dominio delle tribù estremiste islamiche, i bambini venivano trasformati in piccoli combattenti, mentre alle bambine era riservato lo stupro. Ma il punto nevralgico di questa situazione è la Siria dove, data la frequenza con cui avvengono gli stupri, secondo uno studio della Columbia University, si è giunti a pensare che lo stupro sia usato come vera e propria arma di guerra. Il rapporto prende in esame 117 resoconti, raccolti tra il marzo 2011 e fine giugno 2012. Il 58% degli abusi sessuali vengono attribuiti a soldati o ufficiali, il 26% a sconosciuti, il resto a shabiha, i miliziani volontari pro-regime. Ci sono anche alcuni uomini che denunciano di aver subito simili violenze in prigione.
Questi sono solo gli ultimi casi, i più recenti. Nel 2010 uno studio curato dal professor Marcello Flores, ordinario di Storia contemporanea presso l’Università di Siena, in collaborazione con le università italiane de La Sapienza, Roma Tre, Urbino e Amnesty International, ha ripercorso i grandi conflitti del novecento: grazie a documenti militari, memorie, atti processuali, resoconti giornalistici, emerge un quadro articolato e complesso di una realtà da sempre taciuta: lo stupro di massa risulta una tragedia che si compie in ogni conflitto, prova tangibile dell’imbarbarimento che la guerra porta con sé nell’abbattimento di vincoli morali, giuridici e politici esistenti in tempi di pace. A renderlo possibile sono state e sono ancora la subordinazione e la discriminazione subite dalle donne, vittime di mentalità e di culture che giustificano o ridimensionano la violenza.
Insomma, una guerra contro la civiltà in cui a pagare sono sempre i più indifesi: donne e bambini.
In difesa di questa causa, la nota attrice Angelina Jolie ci mette la faccia, e non risparmia colpi durante il suo debutto nel palazzo di vetro dell’Onu, a New York, in veste di inviata speciale per l’agenzia per i rifugiati. Lei, da sempre impegnata in iniziative umanitarie, ha rivolto il suo appello ai leader mondiali, affinchè mettano da parte gli interessi personali e s’impegnino per la pace e soprattutto perché non si perdonino più gli stupri nelle zone di guerra: «Lo stupro è un’arma di guerra, un atto di aggressione e un crimine contro l’umanità. Contrastare la violenza sessuale è una vostra responsabilità», ha detto l’attrice. E ancora: « Non stiamo parlando di numeri, stiamo parlando di giovani ragazze violentate prima ancora che i loro corpi siano in grado di tenere in grembo un bambino, provocando traumi che lacerano la carne. Non dimenticherò mai i loro racconti».