ROMA – Quest’anno la Rai spegne le sue sessanta candeline. Nel 1924 infatti nasceva a Torino l’Uri, l’Unione Radiofonica Italiana, destinata poi, con l’avvento della televisione, a diventare ufficialmente, nel 1954, la Radiotelevisione italiana.
Presso il complesso del Vittoriano, a Roma, fino al 30 marzo è possibile assistere alla mostra “1924- 2014: la Rai racconta l’Italia”, che intende celebrare una delle più importanti istituzioni culturali del Paese. L’evento sarà poi spostato, dal 29 aprile al 15 giugno, presso la Triennale di Milano.
Visitare questa mostra è come fare un viaggio alla scoperta della propria identità culturale nazionale del novecento: la Rai custodisce infatti i documenti più rappresentativi della storia d’Italia, le immagini più significative del nostro immaginario collettivo e della nostra identità culturale. Con l’avvento dei nuovi mass – media, negli uffici RAI confluì gran parte dell’intelligentia italiana: mentre infatti oggi la “scatola nera” è ormai diventata pane quotidiano delle nostre giornate, è quasi facile dimenticare il contributo fondamentale che diede alla formazione di un’identità nazionale e linguistica. Uno strumento capace di portare nelle case degli italiani l’informazione, la cultura e il senso civico, oltre allo svago.
Ci siamo mai domandati perché si chiama proprio televisione? L’avverbio greco tele significa “da lontano”. Basti pensare anche solo al telescopio, al telegrafo e al telefono: tutti strumenti per vedere, scrivere, parlare da lontano. In una parola: comunicare. Rendere “vicino”, alla portata di tutti ciò che altrimenti rimarrebbe prerogativa di pochi.
Tutti questi anni vengono raccontati attraverso otto canali tematici, ciascuno dei quali è stato affidato ad un testimonial d’eccezione: la Cultura ad Andrea Camilleri, la Scienza a Piero Angela, la Politica a Bruno Vespa, l’Economia ad Arnaldo Plateroti, la Storia dell’Informazione a Sergio Zavoli, la Società a Piero Badaloni, lo Spettacolo ad Emilio Ravel ed infine lo Sport a Bruno Pizzul. Un’apposita sezione della mostra che porta la firma del giornalista Marcello Sorgi è dedicata, invece, alla storia della radio pubblica. Un familiare percorso tra i volti dei personaggi che ci hanno fatto compagnia – icone di un’ epoca – tra i programmi che credevamo di aver dimenticato e che, ai più giovani, sembreranno la prova di una tv più pulita di quella di adesso, ora che anche la Rai ha dovuto adattarsi alla competizione sfrenata con l’emittenti private, introducendo format di importazione straniera.
Una ricca collezione di costumi di scena offre una panoramica dell’evoluzione della moda italiana dagli anni Sessanta fino ai giorni nostri. Inoltre è stato ricostruito un set degli anni sessanta, con apparecchiature originali dell’epoca, che permetterà agli spettatori di calarsi nel dietro le quinte di un programma televisivo.
L’ingresso al pubblico è libero e sarà possibile visitarla dal lunedì al giovedì dalle ore 9.30 alle ore 19.30 e nelle giornate di venerdì, sabato e domenica dalle ore 9.30 alle 20.30.