Mi è capitato, per caso, di ascoltare un discorso del Santo Padre agli operai delle acciaierie di Terni. “Chi è disoccupato o sottoccupato – ha detto Papa Francesco – rischia di essere posto ai margini della società, di diventare una vittima dell’esclusione sociale”. Che forza questo Papa.
Chissà se il mondo della politica, a cui il Pontefice si è rivolto questa mattina, chiamandolo a favorire un’impostazione diversa, basata sulla giustizia e sulla solidarietà, per assicurare a tutti la possibilità di svolgere un’attività lavorativa dignitosa, ha ascoltato le sue parole. Chissà.
Certo è, che la fase di grave difficoltà e di disoccupazione si respira dappertutto. Basta uscire di casa e farsi un giro in piazza. Quante testimonianze, quanta disperazione nei volti di giovani e meno giovani alle prese con il tempo negato della disoccupazione. Diplomati, laureati, dottori di ricerca ma anche esodati e disoccupati perché sbaglia, e di grosso, chi pensa che la disoccupazione sia soltanto giovanile.
Siamo tutti alla prese con la crisi delle imprese e la poca lungimiranza di una classe politica che ha ancora il coraggio di parlare in tv o scrivere sui social network. Tutti protagonisti di una dolorosa nuova Spoon River, un cimitero di speranze, emozioni, lungo come tutto il Paese, in cui tanti altri rischiano di precipitare.
Non c’è lavoro, la disuguaglianza cresce pericolosamente e la speranza, sia pure lentamente, cede il passo alla rassegnazione. Secondo i dati della Banca d’Italia l’1% delle famiglie (poco più di 240.000 unità familiari) da solo detiene il 15% della ricchezza, mentre il 50% delle famiglie più povere, cioè 12milioni e 230.000 famiglie, non ne detiene che il 9,4%. Numeri destinati a crescere se consideriamo che dai benefici fiscali vengano esclusi i pensionati in essere tra cui ci sono 7 milioni e mezzo di persone che ricevono pensioni inferiori ai 1000 euro mensili.
Lo sblocco di risorse, già stanziate, per scuola e dissesto idrogeologico, potrà avere un qualche impatto ma sarà del tutto insufficiente in un Paese in cui i disoccupati sono più di 3 milioni e mezzo e quasi altrettanto sono coloro che un lavoro lo vorrebbero ma neppure lo cercano perché lo ritengono un miraggio. Non si scappa dalla necessità di un intervento pubblico che introduca la patrimoniale, che metta ordine nell’istituto della cassa integrazione, che metta in campo politiche industriali che rimedino ai veri problemi dell’apparato produttivo del paese, che attivi direttamente posti di lavoro piuttosto che continuare a ridurli.
Gli 80 euro in busta paga non sono bastati a bloccare il numero di giovani e meno giovani che cercano lavoro. Sono in tanti, sono ambiziosi, sono pronti e nessuno di loro sa ancora cosa sia una busta paga.
Speriamo di continuare a vivere felici e contenti.