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Premio Sele d’oro 2014 a Vinicio Capossela: il vero sposalizio è con l’Irpinia

OLIVETO CITRA (SA) – Dal 1985 ad oggi, l’inziativa Sele d’Oro sopravvive con successo. Nata come mobilitazione ambientalista ad Oliveto Citra per difendere il fiume Sele dagli scarichi tossici delle prime industrie, ancor prive di depuratori, negli anni è diventato uno dei più importanti portavoce di quel sud che ha voglia di crescere e non lasciarsi morire. Promuovendo e organizzando eventi culturali su tutto il territorio, da questo piccolo “laboratorio del possibile” è nato un premio, che ogni anno va a chi è stato in grado di esaltare le potenzialità dei territori del Mezzogiorno e ha saputo dare voce al desiderio di cambiamento espresso dalle giovani generazioni.

Quest’anno, nessuna sorpresa: il premio è stato assegnato a Vinicio Capossela, nella sezione Bona Praxis, “per aver ideato e diretto il Calitri Sponz Fest, che rappresenta un evento di cultura avanzata e popolare di elevata levatura”. A ritirare il premio, consegnato dall’assessore di Calitri Giuseppe Di Guglielmo, il padre dell’artista. Una kermesse importante e significativa, ideata e diretta dall’artista di origini calitrane, che nelle calde sere di fine agosto ci ha regalato dieci giornate di musica, cinema e arti visive, in un percorso che ha seguito la strada segnata dai binari abbandonati della vecchia linea ferroviaria.

Oggetto del festival gli sposalizi della tradizione irpina, ma il vero matrimonio resta quello tra Vincio e la sua terra d’origine: “Per me – ha commentato Capossela – questa terra rimane la terra del mito, la terra del racconto. Nel racconto c’è posto per il reale, ma ancora più per quello che gli anziani chiamavano “il mondo della verità”. Il mondo dove si va a finire dopo la vita o da cui si viene prima. La dimensione che sconfina nel magico, nel mito ancestrale, nel Sacro legato alla natura. Questi, uniti a un senso della frontiera emanato dal paesaggio stesso, sono i beni immateriali che cerco di coltivare. Se pure possono sembrare beni poco utili o poco redditizi, o che insomma “non danno da mangiare“, sono invece beni di grande valore”. 

“Questa è una terra che viene molto spesso deturpata dall’attualità. L’attualità si presenta più frequentemente in forma di minaccia che di possibilità. L’attualità è spesso abbruttimento, smarrimento di valori, sottocultura. Questi luoghi sono spesso minacciati di diventare una discarica, non soltanto di rifiuti materici, di aggressioni ambientali, ma anche di discarica culturale”.

“Sono terre che sono state svuotate dall’emigrazione, è vero. Terre in cui sovente si respira il vuoto. Ma io credo che non si debba avere paura del vuoto, che il vuoto offra una grande potenzialità, che possa darci pensieri potenti. A patto che non venga trasformato in abbandono e degrado. Bisogna invece avere cura del vuoto, mantenerlo fertile. In un mondo sempre più affollato, le zone interne – meno oppresse dalla densità demografica – possono essere il polmone che permette di respirare tanto al corpo quanto all’immaginazione, Per questo credo sia molto importante avere cura del territorio, di questo vuoto, e difenderlo con più forza, proprio perché pochi sono i suoi abitanti. Perché il territorio è la principale risorsa che abbiamo in queste terre. La sola”.

A trent’anni dal sisma e dalla nascita del premio Sele, oggi qualcosa sembra rinascere dalle macerie – vere e simboliche – che per anni hanno soffocato l’Irpinia.

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