LACEDONIA (AV) – Il Circolo della Stampa di Avellino, ottimamente diretto dal collega de Il Mattino Gianni Colucci (nella foto), ha confermato la vocazione per la quale è nato e con la quale viene condotto, ospitando nella serata di ieri la presentazione del libro fotografico “Lacedonia. Un paese italiano – 1957”.
Un volume che raccoglie circa centocinquanta delle 1800 immagini che il professor Frank Cancian scattò proprio in quell’anno. Cancian, appena 23enne e neolaureato, arrivò a Lacedonia armato di una macchina fotografica e di tantissima curiosità, oltre che di un innato rispetto: “Fotografava – ha voluto sottolineare Domenico Bonaventura, giornalista de Il Mattino e moderatore dell’incontro – soltanto le persone che accettavano di essere fotografate”. E i lacedoniesi assecondavano volentieri le richieste del giovane studioso, che sarebbe poi diventato uno dei massimi esperti mondiali di Antropologia culturale. Cancian, a Lacedonia per sette mesi grazie al programma Fullbright (una sorta di Erasmus a stelle e strisce degli Anni ’50), catturò tutti i più svariati momenti della vita quotidiana del paese. Dalle conversazioni, alla partecipazione alle processioni, alle abitudini nel vestire, fino alla sistemazione nelle abitazioni. Dalle espressioni ai metodi di lavoro, fino ai giochi dei bambini. Tutto.
Circa quarant’anni dopo, e per puro caso, iniziò ad inviare alcune foto a Gerardo Ruggiero, un fotografo originario di Lacedonia ma ormai stabilitosi a Cortona, che riconobbe la propria madre in una di esse. Gerardo Ruggiero, questo il suo nome, subito contattò la Pro Loco Gino Chicone di Lacednia e il presidente Antonio Pgnatiello, che diedero vita ad una prima mostra e poi a questo fortunatissimo libro, già presentato a Lacedonia nell’estate del 2013 alla presenza proprio del professore, tornato in paese dopo 56 anni. Ieri, contestualmente, è stata inaugurata anche una mostra che racchiude circa duecento foto, che resteranno al Circolo della Stampa fruibili al pubblico fino al prossimo venerdì 21 novembre.
Emozionati tutti gli oratori, lacedoniesi doc (ad eccezione di Franco Arminio, comunque bisaccese e dunque “cugino”), consapevoli dell’importanza di questi reperti storici e del loro ingresso all’interno di uno storico locale del capoluogo. E buona è stata la risposta del pubblico: tanti i coleghi presenti per diverse testate, così come tanti sono stati gli ingressi di semplici curiosi o appassionati che hanno dato un primo sguardo alle foto in mostra. Il presidente, Antonio Pignatiello, ha letto una presentazione del professore, spiegando le modalità con le quali si è giunti al recupero delle immagini e alla pubblicazione. L’assessore alla Cultura del Comune di Lacedonia, Antonio Caradonna, ha portato i saluti istituzionali e sottolineato la valenza e l’importanza di una manifestazione del genere, con l’arrivo prepotente ma umile di Lacedonia nella casa della stampa avellinese. Il volume contiene due saggi: quello di Franco Arminio e quello del professor Rocco Pignatiello. “La differenza è una sola: a quel tempo eravamo tristi e felici tutti insieme, oggi siamo tristi e felici ognuno per conto proprio”, è stata l’analisi di Arminio, il quale ha poi auspicato che le foto di ogni paese vengano ospitate nelle strade del capoluogo. Un po’ come dire che Avellino è la sua provincia.
Il professor Pignatiello, invece, ha sottolineato, come ha scritto nel saggio, le differenze tra allora e oggi. Differenze statistiche, che riflettono un regredimento culturale e di opportunità. “Oggi non avrei il coraggio di dire a mio figlio: ‘Resta’. Non ce l’avrei proprio”. Durante l’appuntamento, che è stato giocosamente definito “uno e trino” dal moderatore, è stato presentato anche il progetto della Pro Loco di un Museo Multimediale Inclusivo, denominato “An Italian Town” e spiegato dal responsabile, il professor Francesco Arpaia: partendo dalle circa 1800 foto (che dovrebbero arrivare all’associazione all’inizio del 2015), l’obiettivo è quello di utilizzare gli immobili del centro storico che sessant’anni fa ospitavano famiglie numerose, per ricreare le ambientazioni e i contesti socio-culturali nelle quali quelle stesse foto sono maturate. Un progetto ambizioso, che nelle intenzioni potrebbe addirittura diventare un attrattore turistico vero e proprio.