Non è bastata neppure l’esclusione dal Mondiale, il più popolare evento sportivo internazionale, per convincere i “poteri forti” di questo meraviglioso sport, a cambiare rotta.
Inesorabilmente, come una nave alla deriva che sta lentamente affondando, il Calcio italiano fatica ad arrestare il suo declino e si confonde sempre più con le pulsioni che attraversano la nostra società: le crisi economiche, i giochi della finanza, la corruzione politica, le polemiche sui giudici e sui poteri forti che, anche in questo mondo senza regole, condizionano ogni cosa.
E poi ci sono loro, i tifosi, costretti ogni anno a salutare il fallimento o l’esclusione della propria squadra, con le porte di tutti i campionati che si aprono e si chiudono per tutto il mese di luglio mentre il palazzo continua, a testa bassa, a fare i conti dei ripescaggi ed il TFN interviene e rimescola le carte.
Una bagarre. Un fritto misto dal retrogusto amaro che puntuale, ogni mese di luglio, calpesta senza pietà l’amore e la passione di chi, in fondo, ama soltanto una maglia, sogna e piange per quei colori. Milioni di persone costretti, ogni volta, a sperare che ci sia una fidejussione, che la decisione di un organo venga annullata da un altro o, nei casi più disperati, che arrivi il ripescaggio impossibile.
E così, puntuale come un orologio svizzero, mentre a Torino la Juventus presentava Cristiano Ronaldo, anche quest’anno il “sistema calcio” ha consumato l’ennesima estate tra esclusioni e colpi di scena con tanto di marcia su Roma: quella che martedì faranno più di cinquemila tifosi dell’Avellino Calcio per una vicenda che ha dell’incredibile.
Proprio così. Perché scorrendo i Comunicati ti accorgi che la squadra irpina rischia di ripartire dai dilettanti per aver presentato una polizza fideiussoria giudicata poco affidabile dalla Covisoc nonostante la stessa presenti un indice di solvibilità tre volte superiore ai limiti stabiliti dalle norme che regolano l’iscrizione ad un campionato di calcio di serie B. Il tutto mentre per vizi di forma – l’imperfezione che descrive al meglio l’assurdo mondo pynchoniano della giustizia sportiva– Chievo e Parma restano in serie A ed il Foggia è regolarmente iscritto al prossimo campionato di serie B. Importa a pochi sapere che la Procura federale aveva chiesto la retrocessione per tutti e tre i Club rei di aver organizzato un giro di plusvalenze milionarie (Chievo), dell’inoltro di sms per addomesticare il risultato di una partita (Parma) e per aver utilizzato fondi neri per pagare gli stipendi a ben 37 tesserati, tutti, rigorosamente assolti (Foggia). Già, un semplice “vizio di forma”, l’ultima moda dello sport più amato dagli italiani.
Una imperfezione giuridica che permette di sanare ogni cosa ma che non garantisce, evidentemente, tutti allo stesso modo. Qualche esempio? L’Inter, se vogliamo parlare delle Grandi, quest’anno dalla vendita di ragazzini che non hanno giocato un minuto in Serie A ha ricavato giusto quei 40 milioni che le servivano per il Fair Play Finanziario. Il Palermo ed il Lecce, se vogliamo parlare di serie B, hanno presentato la stessa fidejussione dell’Avellino.
I misteri del calcio non giocato aumentano ma la misura è colma.
La Covisoc è uno scandalo nazionale ma va pure detto che aspetta da vent’anni che i requisiti siano resi più stringenti e soprattutto sostanziali. Bisogna, e torniamo a casi caldi di questa estate, scendere nel profondo per tutti, non ci si può fermare alla forma di qualcuno. Servono tante cose, che qui non riusciremmo neppure ad elencare, ma non dimentichiamo che serve soprattutto una maggiore solidarietà di sistema.
Per ora, mentre Bari e Cesena salutano il calcio che conta, si continua a non cambiare nulla e, peggio, si continua a fare di tutto per alimentare sospetti e retro pensieri su questa nave spaccata che ha poca voglia di rinnovarsi veramente per non andare giù a picco.
Un nuovo Titanic, dove l’orchestra suona, i debiti aumentano, i giudici si fanno perdonare con i vizi di forma ed i giocatori inseguono il pallone, in attesa di affondare. Mentre i tifosi, incolpevoli ed impotenti, continuano a pagare il prezzo più alto.